"Nostro"


Maria Maddalena incontra Gesù risorto
Icona conservata nel Museo delle icone di Venezia (1500 ca.)

Il Vangelo di Giovanni, al cap. 20, ci racconta di una donna, Maria di Magdala, che all'alba, quando ancora è buio, si reca al sepolcro di Gesù, dopo il sabato, nel giardino in cui è stato sepolto in fretta due giorni prima. Iniziano presto le sorprese: il grande masso di forma circolare, posto normalmente davanti alle tombe, è stato rotolato via e dentro non c'è niente. 
Maria è una donna: chiamata con questo appellativo due volte qui. La prima dai due angeli che ad un certo punto ella vede nel sepolcro, affacciandosi all'interno, come per sincerarsi o per capire l'accaduto: "Donna, perchè piangi?". La seconda da Gesù stesso, che le appare. "Donna, perchè piangi? Chi cerchi?". 
Siamo in un giardino, di proprietà forse dello stesso Giuseppe d'Arimatea che aveva chiesto il corpo di Gesù alle autorità romane: un contesto verdeggiante che ci porta a quello del Cantico dei Cantici. Anche qui c'è una donna che cerca l'amato: "Dov'è l'amato del mio cuore?" (cfr Ct 3). Così Maddalena ai due angeli: "Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto".
Seguendo il testo nel gioco dei possessivi, colpisce l'insistenza sul "mio" (v. 13; a differenza del v. 2): per Maria Gesù è il suo kyrios: c'è un rapporto personale e privilegiato, tra un uomo e una donna. "Il mio diletto è per me e io per lui" (Ct 2,16). Questa reciprocità è siglata dal nome: Maria riconosce Gesù nel momento in cui viene chiamata Mariàm da lui, cui lei risponde con "Rabbunì". Il riconoscimento è sul piano dell'identità: ti conosco, so tutto di te. 
Il grido di Maria, Rabbunì, è però qualcosa di più: diversamente da kyrios (usato qui da Maria anche pensando di rivolgersi a un ipotetico giardiniere), o da Rabbì, qui si aggiunge una tonalità più solenne, che diventa una affermazione di fede (simile a quella di Tommaso, nel racconto successivo: "Mio Signore e mio Dio") (v. nota Bibbia di Gerusalemme).
E infatti qualcosa è successo in questo brevissimo dialogo: il cambiamento è segnalato dal verbo greco strepho: la donna sta guardando verso il sepolcro, parla con gli angeli, ma poi si volta e vede Gesù in piedi, che le rivolge delle parole. Tuttavia, quando Gesù la chiama per nome, lei si volta di nuovo: si deve immaginare che dopo essersi voltata la prima volta, abbia poi di nuovo abbassato lo sguardo, per tornare a voltarsi all'udire il proprio nome! C'è un doppio movimento di "conversione" di questa donna, appesa a Gesù come un'edera. 
Gesù infatti la porta dal "mio" al "nostro": dalla reciprocità "a due", ad una reciprocità plurale, poliversa, affratellante. Lui stesso si allarga nel rapporto col Padre: Padre mio e Padre vostro (v. 17).
La sintesi di tutto ciò è data dall'invito del Signore: "Va' dai miei fratelli, e di' loro...".
Se Maria è la donna del Cantico, la giovane ragazza che cerca l'amato, conosciuta nella sua unicità in un rapporto esclusivo, la "donna" di Gv 20 diventa la donna che estende tale relazione a tutti i suoi fratelli, passando dall'esclusività all'universalità. Nell'icona evangelica si raccolgono in una dimensione cosmica maschile e femminile, morte e vita, sposa e sorella, uomo e Dio, giardino e Paradiso.




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